La sentenza della Corte europea vieta il rimpatrio e il respingimento dei rifugiati che fuggono da paesi in cui rischiano la tortura.
La Corte europea complica e non poco la politica dei porti chiusi promossa e portata avanti da Matteo Salvini. L’Ue di fatto vieta i rimpatri e il respingimento di persone che sono in fuga da paesi in cui rischiano la vita o comunque la propria incolumità.
La sentenza della Corte europea sui rimpatri e i respingimenti
Secondo il diritto europeo sancito dalla Corte, una persona in fuga da un paese in cui rischia la tortura o altre violazioni dei diritti mani non può essere rimpatriato e non può essere respinto.
Ma c’è di più. Secondo la sentenza della Corte Ue il rimpatrio non può avvenire neanche nel caso in cui l’individuo perda lo status di rifugiato nel paese ospitante.
“Fintanto che il cittadino di un Paese extra-Ue o un apolide abbia fondato timore di essere perseguitato nel suo Paese d’origine o di residenza, questa persona deve essere qualificata come rifugiato indipendentemente dal fatto che lo status di rifugiato sia stato formalmente riconosciuto“, recita il testo della Corte.
Il caso della Libia
La sentenza della Corte europea sui rimpatri e i respingimenti apre nuovamente il caso libico, quello che più da vicino interessa all’Italia.
Secondo il ministro dell’Interno Matteo Salvini la Libia rappresenta un punto sicuro e il paese partecipa al programma di ricerca e soccorso dei migranti.
Secondo le organizzazioni umanitarie, governative e non, la Libia non sarebbe invece un porto sicuro e le persone rischiano la vita oltre che una durissima detenzione, come sottolineato in diverse occasioni anche dall’Ong Mediterranea.